Dopo l’eliminazione dalla Champions League della Juventus, si è scatenata la diatriba sul senso dell’operazione CR7 e se, per la società bianconera, ha ancora un senso mantenere in piedi l’investimento effettuato nell’estate del 2018.
Perchè tenerlo?
Il primo motivo è perché è Ronaldo. Con tutto quello che ne consegue. Lato economico per prima cosa: l’esborso della Juventus per il campione portoghese è stato quantificato in circa 360 milioni di euro per 4 anni, 90 milioni a stagione suddivisi tra tasse, emolumenti ed ammortamenti vari. Dopo l’arrivo del giocatore la società bianconera ha riscontrato un aumento di introiti di oltre 40 milioni di euro (in due anni) grazie agli sponsor (Jeep ed Adidas su tutti) e all’accordo con Allianz per lo stadio. Nella prima stagione del portoghese gli aumenti si sono inoltre visti lato merchandising (16 milioni) ed incassi dalle gare (14 milioni in più).
Ci preme sottolineare che questi dati subiscono notevoli stravolgimenti quantitativi a seconda di chi li valuta; resta comunque il senso dell’articolo che stiamo facendo legato cioè all’opportunità di investire su di un atleta di 36 anni che si dirige più o meno velocemente verso la fine della propria carriera.
Il problema sportivo vero, per la Juventus (e non solo chiaramente), è stata la pandemia che non ha permesso di poter contare sui guadagni previsti e preventivati. Lasciarlo andare non consentirebbe, al ritorno della normalità cioè nella prossima stagione (speriamo), di ammortizzare ancor più la spesa.
Secondo motivo per cui bisognerebbe puntare ancora su Ronaldo è perché tecnicamente non si può discutere, anche dopo la gara ampiamente deficitaria disputata con il Porto in Champions League. Pure a Madrid ha avuto alti e bassi ed ha passato alcuni periodi in cui faticava a risultare determinante.
Molto però verte sul fatto che il Real è sempre stato costruito per vincere potendo contare sulla nomea di squadra più desiderata da praticamente tutti i giocatori. Calcare il campo del Santiago Bernabeu è l’approdo ideale per la quasi totalità dei calciatori professionisti e su questo, il club madrileno, ha sempre potuto contare riuscendo, complice la grande disponibilità economica, ad avere spesso i più forti in circolazione e pure in modo contemporaneo. Così si spiegano i tanti successi, soprattutto in ambito europeo e mondiale.
La Juventus questa impostazione societaria non ce l’ha (e manco la nomea ad onor del vero) e con un giocatore solo al comando raramente si può vincere. Ma può essere determinate in certe situazioni invogliando anche altri calciatori più che promettenti ad investire sul progetto bianconero. Non dimentichiamoci poi che CR7, con la società di Agnelli, ha giocato fino ad oggi 122 partite segnando 95 reti e fornendo 22 assists (14 reti in Champions su 23 incontri) risultando fondamentale in molteplici occasioni. Nel dettaglio della serie A, 21 reti nel primo campionato, 31 nel secondo e 23 marcature in 23 matches in questo attuale (capocannoniere virtuale).
Vero che è stato acquistato per vincere la massima competizione europea ma tale vittoria può e deve passare anche per ciò che questo campione ha portato e sta portando in dote alla squadra di mister Pirlo: mentalità, professionalità, insegnamenti ed abnegazione.
Non ultimo motivo per mantenerlo in forza alla compagine piemontese è la questione legata al fatto che non ci sono molte società disposte ad investire su di lui; si parla molto di un suo ritorno nella capitale spagnola ma l’affare, dicono i ben informati, si potrebbe fare solo con la nota tipologia del “parametro zero”. La Juve rinuncerebbe alle prestazioni del giocatore permettendogli di accasarsi dove a lui più aggrada rinunciando a qualsivoglia corrispettivo economico per il trasferimento; dall’altra parte risparmierebbe l’esborso dello stipendio.
Perchè lasciarlo andare?
Perché risparmiando i 31 milioni di euro dell’ultimo anno di contratto (i famosi 90 sopraddetti, più o meno, compresivi di tutti gli accessori), si potrebbe fare un pensiero ad imbastire una sessione di mercato estiva più corposa. Magari sacrificando i giocatori che hanno deluso (Bernardeschi, Rabiot, Ramsey su tutti), cedendo giocatori in piena crisi (Dybala) e chiudendo il rapporto con i senatori del gruppo (Buffon e Chiellini) che non garantiscono più prestazioni di livello. Resta da vedere come la società intende impostare i prossimi anni anche se le ultime dichiarazioni di Paratici fanno intendere una strada diversa da questa.
Il dubbio più grande è che all’orizzonte non si vedono grandi campioni desiderosi di andare a Torino; per dircela tutta, Mbappè, Haaland e Levandovski cioè quelli attualmente più quotati e gli unici in grado di poter cambiare il volto ad una rosa, volano ben lontani dai cieli dell’aeroporto di Caselle.
Con il risparmio dettato dalla rescissione di CR7 resterebbe però in piedi la possibilità di ricostruire una settore del campo (il centrocampo per essere più chiari) che negli ultimi anni è stato il vero tracollo, in termini qualitativi, dei bianconeri. Passare da Pirlo, Vidal, Pogba a Ramsey, Rabiot e Betancur non è l’unico motivo per cui la Juventus non vince (o quanto meno non è più tra le prime 4 in Europa) ma ci va molto vicino.
Un altro motivo per scegliere la separazione è quello che i numeri, seppur mirabolanti del portoghese, sono in calo. Negli anni spagnoli Cristiano tentava, per esempio, di saltare l’uomo oltre le 6 volte a match, ora accade meno della metà complice chiaramente anche l’avanzare dell’età. Le reti di testa sono passate da 12 nel campionato 2014-2015 a due nella stagione passata. Non parliamo poi delle marcature su punizione: 10 goals segnati in una sola stagione otto anni fa, una rete solamente nei due anni e mezzo vissuti a Torino.
Da fuori area, poi, il portoghese non segna praticamente più; 3 reti a Torino fino ad oggi mentre a Madrid ne segnava almeno 5 a stagione. Questi sono numeri impietosi spiegati però, in parte, dal diverso impiego del calciatore rispetto alla sua esperienza iberica. Più al centro dell’area e quindi finalizzatore con i Blancos, più partecipe all’azione con i campioni d’Italia e quindi con partenze arretrate rispetto alla porta avversaria. Diversi modi di giocare e diversi risultati quindi ma che forse non giustificano più il costo dell’emolumento.
Il nostro pensiero
La classe non si sacrifica mai. Ma rischiare una bancarotta o anche solamente un ridimensionamento societario per un investimento che non ha più senso tenere in piedi (perché la situazione sportiva e sociale è ben diversa da quella di 3 anni fa) è un qualcosa a cui bisogna prestare molta attenzione. La Juventus deve fare una programmazione a media-lunga scadenza capendo che impostazione dare e che strada prendere. Riuscire a fare una buona amalgama tra giovani promettenti, calciatori affermati e la ricerca dei campioni è molto facile a dirsi (e a scriversi) ma bisogna avere le capacità per realizzarle. Capacità economiche certo ma anche, e soprattutto, imprenditoriali e gestionali.
Agnelli nei prossimi mesi sarà chiamato, a parer nostro, a prendere importanti decisioni su quali uomini avere accanto al vertice più che su quali giocatori acquistare. Con un chiaro indirizzo societario, infatti, la Juve ha dimostrato di lasciare il segno negli anni scorsi; questo indirizzo appare invece, nelle ultime stagioni, leggermente più sfocato per usare un eufemismo. L’oramai digerito addio di Marotta per i lidi nerazzurri ha sicuramente a che vedere con questa “nebbia piemontese”.