Per noi fantacalcisti che ci giochiamo un premio in denaro, la casa al mare, un rene, la dignità o semplicemente una vecchia coppa con targhette usurate, da sfoggiare sulla mensola più alta del soggiorno, arriva puntualmente ogni anno il periodo in cui iniziamo le nostre ricerche su “come vincere al fantacalcio”.
Manca ancora qualche tempo, per carità, ma Google diventerà, a breve, la nostra pagina preferita per almeno un mesetto e ci inventeremo mille e più soluzioni di ricerca per scovare la gallina dalle uova d’oro con l’asta che si avvicina come il fronte temporalesco di una burrasca.
“Trucchi per vincere”, “Come affrontare l’asta”, “Divisione del budget tra difensori ed attaccanti”, “Su chi puntare quest’anno al fantacalcio” e chi più ne ha più ne metta: queste sono solo una minima parte dei riempimenti nel campo ricerca della santa pagina ideata dal signor Giorgio Google.
E spesso e volentieri, dobbiamo confessare, ci areniamo limitandoci a vedere i nomi altisonanti in forza alle squadre o al colpo di mercato dell’ultim’ora della società di media classifica che potrebbe, nei nostri sogni o grazie ai nostri personali algoritmi, farle fare un campionato ai vertici. Come pagina di “Consigli del Fantacalcio” ci piace metterci in gioco ed esplorare altre formule ed altre variabili che potrebbero inficiare il risultato finale della Vostra Lega.
I professionisti: cosa fanno?
Per fare un esempio i professionisti che con il fantacalcio, diciamo così, arrotondano le entrate annuali, si informano anche su chi sarà il giornalista del quotidiano sportivo, atto a dare i voti, che seguirà le partite della stagione che va ad iniziare per una data squadra; è risaputo infatti che alcuni giocatori erano e sono dei “protetti” (Roberto Baggio, per citarne solo uno, difficilmente scendeva sotto il 6,5 anche quando giocava in una squadra di media classifica e anche quando la sua squadra perdeva malamente [anche se chiaramente era Baggio, il più grande calciatore italiano degli ultimi 30 anni]) mentre altri calciatori, per un motivo o per l’altro, faticano a strappare buoni voti anche al termine di buone prestazioni (potremmo stare qui per ore ad elencarli ma i vostri simpatici commenti, sui più disparati siti, legittimano ciò che stiamo scrivendo).
Altri fantacalcisti “di professione” hanno tabelle aggiornate sui vari componenti della terna arbitrale e compilano settimanalmente le statistiche sulle percentuali delle ammonizioni e delle espulsioni di un dato arbitro nei confronti di date squadre o di dati giocatori.
Noi, senza estremizzare e senza caricarci di studi estenuanti e logoranti, portiamo alla vostra attenzione, in queste righe, l’importanza degli allenatori in una squadra (grazie al c_zzo, direte voi).
La difesa dell’Atalanta
L’esempio illuminate è quello dell’evoluzione della difesa dell’Atalanta negli ultimi 6 anni. Nella stagione 2015-2016, con Reja in panchina, la Dea si piazza al 13esimo posto ed il suo reparto arretrato totalizza 5 reti e due assists. Arriva la stagione 2016-2017, sulla panchina si siede Gian Piero Gasperini da Grugliasco classe 1958 ed i nerazzurri si piazzano al quarto posto; con la difesa che mette a referto 18 reti e 5 assists. Stagione successiva, settimo posto e reparto difensivo con 11 goals fatti e 6 ultimi passaggi.
Nei tornei seguenti i difensori sotto la guida del mister piemontese prendono ancor più fiducia e, soprattutto i nuovi arrivi, trovano una loro giusta collocazione in campo.
Si spiegano così quindi le 20 reti ed i 16 assists al termine del campionato 2018-2019 (con Hateboer e Mancini a quota 5 marcature, 4 per Castagne e 3 per Gosens), le 16 realizzazioni con ben 19 assists nella massima serie italiana targata 2019-2020 (Gosens 9 goals e altri 3 calciatori a quota 2) ed i 16 centri (con 10 ultimi passaggi) nella stagione ancora in corso che ci fanno propendere per un sicuro miglioramento delle statistiche attuali.
Interessante anche notare che in 6 anni (5 di gestione Gasp) nessun giocatore difensivo ha messo a referto un assist da fermo; ergo non aspettatevi che i difensori della Dea portino bonus da punizioni di seconda o da calci d’angolo.
Morale di ciò?
Conoscere la squadra, i giocatori, sapere se rendono meglio in casa o in trasferta, studiare gli schemi e puntare sui campioni (o sugli sconosciuti studiati segretamente nei campionati armeni o finlandesi complice magari la fidanzato/o straniero) è sicuramente una delle vie per aumentare la probabilità di primeggiare (il fattore culo risulta ancora determinante, ahinoi) ma anche prendersi del tempo per scoprire come un dato allenatore ama disporre i suoi uomini in campo, come è cresciuto tatticamente negli anni e cosa privilegia in termini di finalizzazione o di contenimento può essere un tassello importante da affinare.
Senza dimenticare naturalmente la capacità di una società di fare mercato e di acquistare giocatori complementari al tipo di giuoco nelle corde del mister sulla panchina in quel dato momento: la programmazione a media-lunga scadenza e l’appoggio incondizionato anche dopo una serie di risultati negativi sono certamente luoghi comuni ma difficilmente un gruppo, che studia le mosse societarie con cognizione di causa ed ha al suo interno personale qualificato, tradisce le attese.